Il festival
Musica dei Popoli, nato a Firenze nel 1979,
è stata la prima rassegna internazionale di musica etnica e folklorica in
Italia ed uno dei primi festival etnomusicali nel mondo. Il Festival ha lo
scopo di diffondere la conoscenza delle culture musicali del mondo, e per
questo ha cercato di "dar voce" ai popoli più lontani - in senso geografico
e culturale - invitando a partecipare centinaia di artisti da tutto il
mondo. In 30 edizioni, Musica dei Popoli ha presentato più di 300 proposte
artistiche, tra solisti e formazioni strumentali, vocali, musico-coreutiche
e musico-teatrali, di 80 nazioni dei cinque continenti.
Il festival ha fatto conoscere per primo il patrimonio musicale di popoli
fino allora poco conosciuti o pressoché ignoti al pubblico italiano, come
gli Uzbeki, i Tagiki, i Kazaki dell’Asia centrale (1985), o come gli Yacuti,
i Buriati e i Tungusi della Siberia (1987); inoltre, ha portato in scena
feste e riti tradizionali di gruppi etnici africani che, grazie
all’isolamento geografico e culturale, hanno mantenuto modi e stili di vita
tradizionali, come i Bafut del Camerun, i Senufo-Fodonon della Costa
D’Avorio o i Dogon del Mali.
La programmazione artistica di “Musica dei Popoli” si riferisce
all'ambito etno-folklorico, ossia alla musica etnica extra-europea e alla
musica popolare (folklorica) europea. In tutti questi anni, il festival ha
saputo mettere in evidenza il fatto che “la musica” non è solo la musica
classica, il pop/rock angloamericano e il jazz, ma che le “musiche del
mondo” costituiscono un vasto e ricco patrimonio artistico e culturale, per
niente marginale o inferiore rispetto alla musica prodotta dalla civiltà
occidentale.
Il festival ha sempre avuto come obiettivo primario la valorizzazione
della musica (o meglio delle musiche) come bene artistico e culturale,
proponendo attività di spettacolo tendenti alla diffusione della conoscenza
delle musiche dei popoli all’insegna del relativismo cultural-musicale.
L’obiettivo era (e continua ad esserlo) quello di presentare la musica
tradizionale dei popoli (a cui si riferisce il nome del festival), eseguita
dai suoi migliori e più apprezzati interpreti: Nusrat Fateh Ali Khan, Alim
Qasimov, Zakir Hussain, Hariprasad Chaurasia, Dulce Pontes, Shajarian,
Charam Nazeri, Mory Kante, Caetano Veloso, Sainko, Dou Dou N’Diaye Rose,
Luzmila Carpio, Peppe Barra, Lokua Kanza, Mosalini, Oumou Sangaré, Angelique
Kidjo, Urna, Lura, Petrona Martinez, Lotfi Bouchnak, Anouar Brahem, Naseer
Shamma, Toumani Diabaté, Lucilla Galeazzi, Elena Ledda, Luigi Lai, I Made
Djimat, solo per citarne alcuni.
Il festival ha presentato un ampio panorama dei tipi di musiche
tradizionali da tutto il mondo. Ma definire il festival come rassegna di
musica “etnica” è improprio se si intende delimitare il campo d’azione e
d’interesse del festival alle musiche di tradizione orale di gruppi etnici
extraeuropei. Nel suo lungo percorso storico, alla Flog si sono esibiti
artisti appartenenti a tradizioni musicali colte, ossia ‘classiche’ o
‘d’arte’, dell’India, dell’Iran, del Giappone, del Mondo Arabo: Nusrat Fateh
Ali Khan per il qawwali pakistano, Alim Qasimov per il mugam azerbaijano,
Munir Bashir per il maqam irakeno, Monajat Yultchieva per il maqam uzbeko,
Mahwash per il ghazal afgano, Shajarian per il radif persiano, Ernesto
Cavour per la musica andina, Luzmila Carpio per la musica quechua,
Hariprasad Chaurasia e Zakir Hussain per la musica classica indostana,
Cinuçen Tanrikorur per la musica classica ottomana, Shivkumar Sharma per il
sufiana kalam kashmiro, Lotfi Bouchnak per il maluf tunisino, Cheika Remitti
per il rai algerino, Consiglia Licciardi per la canzone napoletana, etc.
Al festival sono stati rappresentati stili, generi e repertori che
difficilmente possono rientrare in una griglia tassonomica, e comunque
difficilmente etichettabili come “musica etnica”, tanto meno come world
music. Pensiamo, ad esempio alle tradizioni musicali devozionali, come il
qawwali pakistano, il sama dei dervisci turchi, il lila degli gnawa
marocchini o i canti della Settimana Santa delle confraternite laicali sarde
o siciliane. Molte delle manifestazioni non sono stati dei “concerti” – nel
senso di manifestazioni prettamente musicali - ma delle forme di performing
art, in quanto racchiudevano al proprio interno rappresentazioni coreutiche
e teatrali oltre che musicali, laddove il gesto e il suono costituivano
un’unità inscindibile. Le forme di teatro orientale – come il Kathakali del
Kerala o l’Opera di Pechino – sono vere e proprie forme d’“arte totale”, che
includono musica, danza, recitazione, gestualità.
Le musiche dei popoli sono state il vero obiettivo del festival, colte o
popolari, europee o extraeuropee, etniche o folkloriche, sacre o profane, e
la scelta del nome di un festival che si occupa di culture musicali di tutto
il mondo non poteva essere più appropriato.
“Musica dei Popoli” è indissolubilmente legato al nome della F.L.O.G.
(Fondazione Lavoratori Officine Galileo), ente promotore ed organizzattore
del festival, che è sostenuto finanziariamente da istituzioni pubbliche:
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Toscana, Provincia e
Comune di Firenze. Il festival, inoltre, gode del patrocinio del Ministero
degli Affari Esteri.
Inizialmente la rassegna concertistica ha avuto un taglio ‘antologico’,
con la partecipazione di formazioni musicali di tipologia e provenienza tra
le più svariate, in seguito ha perseguito un criterio ‘monografico’ con un
programma a tema: ogni edizione, infatti, è centrata su un argomento
specifico, rappresentato da un’area geo-culturale – AfricaMusica,
AmericaMusica, Suoni d’Oriente, Arabeschi Mediterranei, ecc. – o da un’area
tematica – il mondo zigano (Mosaico Zigano), la danza (Suoni in Movimento),
il canto (Le Vie dei Canti), ecc. – che costituisce un filo conduttore che
unisce tutte le proposte artistiche in cartellone, conferendo coerenza ed
omogeneità alla rassegna e un carattere distintivo di anno in anno.
Nel suo percorso trentennale, il festival ha saputo tenere fede al suo
intento originario, quello di rappresentare culture extraeuropee ed
eurofolkloriche tramite le manifestazioni musicali e coreutiche come
espressioni artistiche e culturali dei popoli a cui appartengono. La
politica culturale del Centro Flog, che si esprime attraverso le attività
interculturali con festival e rassegne di musica e cinema etnomusicale, è
diretta al riconoscimento e alla valorizzazione delle diversità culturali
espresse attraverso il linguaggio dei suoni. Ed è in questa direzione che il
Centro Flog intende proseguire il suo cammino.
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